L ’indagine ha analizzato il “filone finanziario” dell’organizzazione che, oltre a curare gli aspetti propri del narcotraffico, disponeva di una struttura di insospettabili “colletti bianchi”, promotori finanziari, incaricati del riciclaggio del denaro attraverso canali bancari
svizzeri atti a dirottare la liquidità per l’acquisto della cocaina in Sud America. Gli accertamenti hanno consentito di appurare che le operazioni di riciclaggio conseguenti alla vendita dello stupefacenti venivano effettuate attraverso una società di intermediazione finanziaria, con sede in Inghilterra e con filiale in Toscana. Le somme, tutte in euro, venivano fisicamente trasportate in territorio elvetico attraverso diversi “canali”, uno dei quali era rappresentato da personale diplomatico. Giunto in Svizzera, il denaro subiva una prima “ripulitura” da parte di una società di Lugano che ne provvedeva alla conversione in dollari Usa. Il denaro “lavato” veniva
quindi bonificato sul conto di un istituto di credito, sempre di Lugano e da qui partiva verso il Brasile. Qui, grazie ad alcuni prestanome e con la compiacenza del direttore dello stesso istituto, il contante veniva consegnato al capo del sodalizio criminale, fisicamente presente in Brasile, che,a sua volta, lo veicolava ai “fornitori” della partita di cocaina trattata. A garanzia del corretto
svolgimento dell’ operazione finanziaria, il figlio di uno dei manager coinvolti nella varie fasi del riciclaggio dei fondi veniva trattenuto
in ostaggio all’interno di un albergo brasiliano, fino alla conferma dell’accredito della provvista nella banca sudamericana. Un ruolo chiave nelle investigazioni, secondo i magistrati romani e le Fiamme Gialle del II Gruppo di Roma, è stato rivestito da un manager italo-svizzero che in passato ha anche rivestito la carica di direttore generale di una grossa società che gestisce e sviluppa le attività legate alla produzione e alla commercializzazione di energia elettrica, vapore e gas. La stessa persona si sarebbe candidata alle elezioni
per il C onsiglio di Stato del Canton Ticino, ritirandosene a causa del coinvolgimento in una inchiesta per una truffa da 12 milioni di euro. G razie alle numerose evidenze investigative raccolte, partecipate ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma che hanno coordinato e diretto le indagini, i militari hanno ricostruito il complesso quadro probatorio che ha consentito al Giudice per
le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Roma,su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, di emettere 19 ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio. L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi – di cui uno operato in Spagna, tramite l’Interpol a carico di un calabrese ivi dimorante – e delle numerose perquisizioni locali disposte nei confronti di tutti i soggetti coinvolti ha visto il dispiegamento di oltre 300
militari del II Gruppo Rom, di unità cinofile antidroga ed antivaluta del Gruppo di Fiumicino e di mezzi aerei del Roan di Civitavecchia. F ondamentale, per il conseguimento dei predetti risultati, è stato il raccordo info-operativo ed il supporto tecnico fornito alle indagini dallo S.C.I.C.O. della Guardia di F inanza, dalla Direzione Centrale dei Servizi A ntidroga e dagli ufficiali di collega
mento presso le sedi delle ambasciate del Sud America. La brillante operazione, che ha portato ad uno dei più significativi sequestri di cocaina degli ultimi tempi, sottolinea come la Capitale ed il suo litorale continuino ad essere uno dei mercati principali su cui la criminalità punta per ottenere sempre maggiori profitti.
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