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Rigassificatore Piombino, la Regione dice no alla proroga

La Regione Toscana conferma la propria linea: nessuna proroga oltre i tre anni per la presenza del rigassificatore nel porto di Piombino. A ribadirlo è stato il presidente Eugenio Giani, che ha chiarito in modo netto sia la posizione politica personale sia quella dell’intera Giunta.
Nel corso del consiglio comunale che si è svolto in città sul futuro dell’impianto, la Regione era rappresentata dal dirigente all’ambiente Andrea Rafanelli, delegato direttamente dal governatore, impegnato a Firenze nella seduta del Consiglio regionale e in altri appuntamenti istituzionali. Un intervento di carattere tecnico, ma che si è inserito in un quadro politico già ben definito.
«La scadenza dei tre anni – ha sottolineato Giani – non deve essere superata. L’area portuale di Piombino deve tornare pienamente disponibile, perché quella banchina è strategica per la ripartenza dell’attività siderurgica». Un passaggio che lega la vicenda del rigassificatore non solo a scelte energetiche, ma anche alle prospettive industriali e occupazionali del territorio.
Nel mirino del presidente toscano anche il mancato rispetto degli accordi sulle misure compensative. Secondo quanto riferito, il Governo attuale non avrebbe dato seguito agli impegni assunti in precedenza con l’esecutivo guidato da Mario Draghi. «Quelle compensazioni – ha ricordato Giani – erano state concordate con precisione. Oggi, tre anni dopo, non risultano realizzate e questo rende impossibile un clima di fiducia, anche se venissero promesse nuove opere legate a un’eventuale proroga».
Da qui l’invito formale al Governo a individuare fin da subito una nuova collocazione per l’impianto. L’obiettivo è evitare incertezze alla scadenza dell’autorizzazione, prevista per il prossimo luglio, quando la nave dovrà lasciare il porto di Piombino.
La posizione dell’Regione Toscana appare dunque compatta: la permanenza del rigassificatore è stata concepita come soluzione temporanea e tale deve rimanere, senza slittamenti che rischierebbero di compromettere la programmazione infrastrutturale e industriale dell’area portuale.

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